1 novembre 2020

Il maleficio

Mi chiamo Sallustio, liberto di Primo Sabino Cato, duovirio di questa città. Sono il suo scrivano fidato, tengo i conti in ordine per quanto è possibile e mi occupo dei suoi clienti. Quella mattina però, fui costretto ad occuparmi d’altro. 
    Avevo trascorso una nottataccia, disturbata da sinistri lamenti provenienti dalla strada. Il caldo mi costringeva a tenere il battente aperto e non tirava un alito di vento.
    Quando all’alba, un urlo terrificante mi fece saltare giù dal letto. Dalla finestra vidi un’ombra sgusciare furtiva lungo il porticato del tempio di Pomona e sparire nell'ombra dell’edificio.
    Fui il primo a raggiungere lo spiazzo di sotto. Sul pronao oltre il colonnato vidi Ambrosia, moglie di Licilius, flamine del tempio, che urlava e si strappava i capelli. Le sue orribili maledizioni si riverberarono tra le insulae circostanti, squarciando il silenzio del mattino. Mi avvicinai a lei guardingo; Ambrosia era una donnona nota per il suo caratteraccio collerico e manesco.