15 settembre 2020

Un No che serve a tutti

Fuori dal Tempio della Concordia si era adunata una gran folla. Tutti i negozi erano chiusi, sulla città gravava una cappa di calore e di incertezza per il futuro. Dentro l'edificio era in pieno svolgimento il dibattito sulla nuova legge. Il Senato era al completo, come non si ricordava da anni. Gli animi erano accesi e i centurioni addetti all'ordine erano intervenuti più volte per calmare gli esagitati. Si fronteggiavano da una parte il rissoso stuolo dei tribuni e capipopolo favorevoli al sì, e dall'altra quelli del no, capeggiati dall'ossuto Catone, sostenitore intransigente delle consuetudini repubblicane.
Cicerone si alzò dal proprio scranno e attese che i colleghi ritornassero ai loro banchi e il presidente gli desse la parola. Quando il silenzio avvolse l'assemblea, si portò al centro della sala, tenendosi un lembo della toga. Volse lo sguardo attorno, fissando per qualche attimo Clodio, suo acerrimo nemico.
«Il quesito dei tribuni è accattivante, non c'è che dire» esordì il console. «Nessuno più di me nutre rispetto e amore per questa Repubblica» continuò abbracciando simbolicamente le due ali dell'edificio. «Ma dobbiamo stare attenti a non fare il lavoro dei suoi nemici. Clodio si muove su un terreno ambiguo; sostenere che per proteggere le nostre libertà dobbiamo ridurre le libertà, che per difenderci dalla dittatura dobbiamo nominare un dittatore, e in questo caso, daremo più voce ai cittadini tagliando la loro voce....  Che logica è mai questa!»
Qualcuno mugugnò dal fondo della sala.
«Credete forse che il popolo abbia troppa voce nelle faccende dello Stato?»
Cicerone posò i suoi occhi sul giovane Cesare, appena nominato Pontefice Massimo, poi mosse alcuni passi in direzione dei propri amici, quindi si girò verso Clodio, seduto sullo scranno con aria indifferente.
«È per un risparmio, direte voi» continuò il senatore. «E a chi non dispiacerebbe una bella sforbiciata, mandare a casa un po' di fannulloni. Ma si avverte puzza di bruciato nella faccenda, puzza di cricca e di liste bloccate, che piacciono moltissimo ai capipartito così che possono infilarci dentro quelli di loro gradimento. Perché bisogna intenderci, se a farne le spese è la rappresentanza.
«Dopo anni di propaganda contro la casta e i vitalizi, ecco che con grande intelligenza e acuto senso dello Stato, ci viene proposto il famigerato taglio. Pensate che con meno rappresentanti si elimini la corruzione, per esempio? Che basti questo a rendere più ligi ai loro doveri gli altri? Credete che le leggi siano migliori e giuste se pensate e scritte da un manipolo di senatori?»
L'arpinate incrociò le braccia e corrugò la fronte.
«Non c'è uno straccio di riforma seria nelle ragioni del sì, ma un ammiccante invito al voto come un sorriso languido di una puttana; un solletico irresistibile per la pancia della gente.»
Clodo scattò in piedi e puntando l'indice contro Cicerone esclamò: «Offendi il popolo!»
«È questa assurda legge da te proposta a mortificare i loro diritti; una legge alla quale mi oppongo con un deciso e convinto No» replicò il senatore, picchiando il pugno nel palmo dell’altra mano.
«No. Ciò che serve è una riforma vera e articolata, che dia spazio alla voce di rappresentanti nuovi, saggi, giusti e preparati alla politica, che non siano sul libro paga di una oligarchia rapace e bieca.
«Questa repubblica, stanca e sfiduciata nei propri mezzi, ha bisogno di idee lungimiranti, di programmi e di speranze per i giovani, non di un'aula trasformata in una Dieta coi suoi rappresentanti ridotti al ruolo di scaldasedie o peggio, di servili notai dei Consoli di turno...
 Per questo io voto No.»

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