19 settembre 2020

Covid Tale

"Tutto era tranquillo a Covid City alla vigilia di Natale. 
La città si era svegliata ricoperta da un candido strato di neve. Da dieci anni a questa parte, la notte del 24 di dicembre, il bianco ovattava case, giardini e le lunghe strade alberate. E ogni anno, il principale quotidiano cittadino dedicava all’avvenimento la prima pagina con una foto gigante della spiaggia innevata, sulla cui superficie si rifletteva la luce argentea del mattino.
Era rassicurante vivere nella certezza che le stagioni fossero sempre uguali a loro stesse. Il ghiaccio era ritornato ai Poli, la primavera si riproponeva puntuale, dolce e giuliva, le rondini riempivano l'aria di richiami e il cielo era azzurro come non mai. 
La maggior parte dei cittadini era consapevole del cambiamento conseguente a quei giorni cupi, trascorsi barricati in casa, in attesa che la tempesta si placasse.E quando il cielo si era liberato dei nuvoloni, fu chiaro al mondo intero che le cose potevano andare meglio, se solo i suoi abitanti avessero compreso il messaggio di quel microscopico organismo, se ognuno avesse avuto un po' di coraggio per rinunciare a qualche cosa. I vantaggi erano stati così evidenti e inequivocabili, che per fortuna solo pochi, avidi e cattivi, continuavano a ignorare.
In Covid-19 Street - la strada principale dei caffè all’aperto, dei negozi e delle librerie affollate di clienti - gli alberi piantati nel ricordo di quei giorni, crescevano rigogliosi, felici anche loro per i fiocchi di neve che cadendo, accarezzavano i loro rami. Al centro di Covid Place campeggiava una singolare opera d’arte, raffigurante una enorme sfera di bronzo dalla quale spuntavano piccoli bracci a forma di trombetta; era l’inno della rinascita, diceva la targa deposta il 23 febbraio di dodici anni prima. L’opera sotto la neve sembrava un gigantesco igloo, che dava ospitalità all’umanità ritrovata, all’Uomo Nuovo.
Dal Covid Library Center, il nuovo edificio di tre piani, eretto con le donazioni di ricchi industriali, che circondava tre quarti della piazza, uscivano gli ultimi accaniti lettori. Contava già tre milioni di volumi e più di mille frequentatori giornalieri.
La gente camminava in strada con il volto sorridente; sarebbe tornata a casa ansiosa di riprendere la lettura dopo la cena. Leggere era diventata una mania, leggevano tutti, avevano imparato a farlo durante il lock-down e nessuno aveva mai più pensato di smettere."
 
«Pà» disse sottovoce la bambina, seduta all’ombra di una tenda fuori al balcone di casa. 
L’uomo sonnecchiava, sprofondato su una sedia a sdraio dal telo sbiadito e uno squarcio all'altezza del sedere.
«Paaà...» fece di nuovo la bimba, pungolandogli la spalla con un dito.
L'uomo si appioppò una manata.
Non osava muoversi, immerso in una bagno di sudore. Il rumore in sottofondo del traffico veicolare era perenne. Portare la mascherina in quelle condizioni era assurdo, ma era diventata obbligatoria per via dello smog. Meglio le polveri sottili, la puzza di gasolio che il caldo infernale, si diceva, e in casa per giunta si stava peggio che in una fornace.
Per il sesto anno consecutivo il razionamento idrico si faceva sentire pure sulla fornitura di energia elettrica. In primavera - che poi sempre estate pareva fosse - si era deciso a smontare i climatizzatori - ferri vecchi arrugginiti - per darli a un rigattiere.
«Paaaà!»  ripeté la bambina, battendo il libro sulla coscia di suo padre.
«Che c’è?» rispose finalmente l'uomo con una voce fiacca. 
La bimba poso a terra il libro e si tolse la mascherina.
«Pà, perchè hai smesso di leggere?»
«Non c’è niente di interessante sul giornale»
La bimba guardò il cielo velato di grigio tra uno scorcio fatto di antenne, parabole e cemento. Del sole si intuivano solo i contorni neri, prodotti dall’atmosfera satura di gas e zolfo. Un tempo era venerato come un dio padre della vita, ora era solamente un disco anonimo, impalcabile.
«Tu l’hai mai vista la neve?» chiese al padre.
«Qualche volta, quando avevo la tua età.»
«È vero che è divertente?»
«Facevamo le palle e ce le tiravamo addosso. A mezzogiorno finiva tutto.»
«Perché non arriva più?»
«Si crepa del caldo anche d’inverno.»
La bambina sporse la faccia tra le sbarre della ringhiera. Il sole picchiava sui cofani delle auto ferme al semaforo e dall’asfalto infuocato salivano colonne d’aria rovente.
«Perché non mi porti a vederla?»
«È per gente straricca, un biglietto per il nevodromo costa uno stipendio.»
Era stata costruita una pista da sci lungo il fiume, dove l’acqua prelevata era utilizzata per farne neve artificiale. C’era stata una petizione popolare per farla chiudere almeno nei mesi più infuocati, così che l’acqua risparmiata potesse arrivare nelle case e alle centrali elettriche. Ma la petizione era stata bollata come illiberale e comunista, un vero oltraggio al libero mercato.
La bimba riaprì il libro, soffermandosi sulla figura raffigurante la piazza innevata, la bella biblioteca e l’opera d’arte. Con un po’ di invidia e malinconia osservava i bimbi rincorrersi attorno alla buffa sfera.
«C’è stato davvero questo co... co... covid 19, così come dice il libro?»
«Sì che c’è stato» rispose lui.
«È vero che dopo sono nate nuove città, che il mare era tornato pulito, che i cervi mangiavano nei giardini delle case e che la gente era diventata più buona e saggia?»
«Naaa, tutte balle messe in giro per infinocchiare quelle come te.»
«Non mi sembra giusto che tu abbia visto la neve e io no. Chissà se la vedrò mai.»
«Impara a crescere figlia mia. Dove le hai lette queste sciocchezze?»
«È scritto qui, nel libro» rispose la bimba.
«Tua madre spreca soldi...» sbottò il padre e si girò dall’altra parte, rannicchiando le gambe sotto la pancia. Una zanzara andò a posarsi sulla schiena luccicante di sudore, segnata dalla trama della sdraio.
In quell’istante, una moto sfrecciò sotto il balcone, attraversò l’incrocio lasciandosi dietro una nuvola di fumo.
«Rimettiti la mascherina, sennò ti viene un altro attacco allergico.» fece il padre.

Nessun commento:

Posta un commento